Sette donne per capire il lavoro che verrà

Sette donne, un palco e dieci minuti per rispondere alla domanda: «Come sarà il lavoro del futuro?».

Dal Sole 24 Ore ci arriva una buona notizia, pubblicata da Greta Ubbiali.

Lo scorso lunedì 19 novembre, ospiti dello showroom Microsoft, ognuna di loro ha portato la propria visione, frutto di esperienze e generazioni differenti. L’evento “Donne di Futuro” è nato dall’ebook pubblicato dal Sole 24 Ore che ha ripercorso le peculiarità di cinque generazioni, dai Babyboomers alla Generazione Z, passando attraverso le conquiste della Generazione X, la libertà dei Millennials e le incertezze degli Xennials.

L’intento del progetto è quello di mettere a confronto cinque generazioni che si trovano a vivere il cambiamento del mondo del lavoro e devono immaginarsi quello del futuro.

Presenti Barbara Cominelli, direttore marketing & operations di Microsoft Italia che ha voluto sottolineare il paradosso tra il tasso di disoccupazione, maggiore tra le donne, e i tanti posti vacanti difficili da coprire per carenza di competenze digitali. «Da qui al 2020 mancheranno 135mila posti di lavoro nell’ICT. Eppure c’è un numero che fa male. È quel 40% di donne tra i 25 e i 29 anni che attualmente non studia e non lavora» ha commentato. Uno dei problemi maggiori è che le ragazze non sono attratte dalle materie STEM. Non è il frutto di incapacità femminile ma, dice la manager, di 30 anni di marketing fatto male: «è passato uno stereotipo terribile: che le donne non siano portate per la tecnologia e che i lavori tecnologici non siano cool per le ragazze». Nasce così il progetto “Coding girls”, per mostrare come la programmazione informatica non sia solo per tecnici ma che serva a dare una piccola cassetta degli attrezzi per le professioni del futuro.

Al lavoro del futuro però è necessario applicarsi fin da oggi. E lo spiega bene Monica Magri, HR & organization director di Adecco Group Italia, che nel suo intervento intitolato “Alleanza e partecipAzione per il lavoro di domani” dice «pensare al futuro come lontano è pericoloso e ci porta a procrastinare, come se fosse qualcosa che non ci riguarda da vicino. Il futuro è domani e quindi dobbiamo prepararci già oggi». Ma servono anche uno sguardo ottimista e normalità perché «solo quando non farà più clamore una donna che entra in un board o che diventa CEO; quando sarà normale chiedere un aumento senza sentirci in colpa avremo fatto tanti passi avanti».

Sara Cabitza, ingegnere aerodinamico nel team Formula1 di Renault Sport Racing, aggiunge un’altra parola chiave: competitività che – svela alla platea – «è nel dna di chi lavora in F1». La sfida infatti non è solo in pista tra i piloti ma anche tra gli ingegneri che hanno concorso a quell’obiettivo. «Quando vedo le macchine nel circuito io vedo il mio lavoro correre per la vittoria», dice fiera.

A volte il futuro riserva lavori che non ci saremmo mai immaginati da bambini. È il caso del maggiore dell’Aeronautica Militare Federica Maddalena, pilota di eurofighters, che ricorda: «da piccola non osavo sognare una carriera del genere. Negli anni ’80 non c’erano modelli di riferimento, donne pilota o militari. A dire il vero, neppure cartoni animati che proponessero figure femminili forti». Ma i tempi cambiano e dal 2000 le donne nelle forze armate possono rivestire tutti gli incarichi, senza limitazioni di genere. «Ancora non ci sono donne con il grado di generale ma, sono certa, arriveranno», osserva Maddalena. Dal palco il maggiore sprona le donne di futuro ad osare: «nei sogni e nelle ambizioni. Non abbiate paura delle vostre potenzialità perché – conclude – il cielo non ha limiti per volare sempre più in alto».

Non c’è un’unica via per realizzare i propri sogni. Lo dimostra la storia personale di Aurora Zancanaro, titolare del micropanificio Le Polveri. Dopo una laurea in chimica ed esperienze da assegnista di ricerca ha capito che non era quella la sua strada e si è reinventata. Nella lievitazione del pane Zancanaro ha trovato il suo “piano BE“, termine da lei coniato perché: «’piano B’ di solito ha una accezione negativa, un modo per minimizzare una sconfitta. Invece la aggiunta finale della ‘e’ per me significa che uno decide cosa vuole essere e cerca di avvicinarsi alla sua autenticità».

Con il nuovo millennio sono cambiati i modelli di riferimento sia nella cultura che nel lavoro. L’hanno raccontato le ultime due speaker della serata: Sofia Viscardi e Yasmin El Arbaoui, voci della Generazione Z.
Viscardi, creator e scrittrice con oltre 700mila iscritti al canale Youtube e 1.5 milioni di fan su Instagram, ha parlato delle potenzialità della rivoluzione tecnologica con cui lei e la sua generazione sono cresciuti. «Da una parte viene aspramente criticata – spiega – ma permette di fare incontrare le persone a prescindere dalle distanze fisiche creando delle community, attorno ad uno youtuber o attorno ad un argomento». E questi incontri portano a risultati fino a pochi anni fa insperati. Internet diventa un facilitatore del cambiamento e, riflette, «temi che un tempo venivano spinti solo da manifestazioni e proteste fisiche oggi hanno la possibilità di essere portati avanti da comunità on line». Dal web le proteste arrivano a migliorare le condizioni sociali delle persone. É il caso del cosiddetto movimento “MeToo” che ha acceso un faro sulla questione della sicurezza delle donne.

Yasmin El Arbaoui, studentessa di giurisprudenza, ha invece avvicinato il pubblico al mondo dei giovani smontando i clichè che li vogliono indolenti, allergici al lavoro e privi di ideali. «Sono cambiati i sogni ma non è cambiata la volontà di realizzarli» riassume El Arbaoui. Quello dei ragazzi è un universo fatto di ambizioni, desideri ma anche di lavori poco gratificanti da cui si passa mentre si cerca la propria strada. Centrale è la funzione della rete. Sui social network i giovani creano contatti, esprimono loro stessi e cercano anche lavoro «tra un video di gattini e un tweet di Donald Trump», commenta ironicamente la ragazza.

La serata si è conclusa con il monologo della carrer e comunication coach oltre che performer Valentina Capone, “Stasera non posso”. Dalle donne nella tragedia greca a Beyoncé passando per l’arte di Artemisia Gentileschi, l’attrice ripercorre la storia e rammenta alle donne in platea: «dobbiamo imparare a sostenerci tra noi, a fare squadra».

E proprio il filo rosso che unisce le diverse generazioni continuerà ad alimentare il progetto “Donne di Futuro – Generazioni a confronto sul lavoro di domani”, che vedrà presto nuovi capitoli.

Il crowdfunding salverà il mondo (del cinema)?

Il crowdfunding è una modalità di finanziamento che prevede che le persone “comuni” raccolgano in forma di contributi una somma di denaro, precedentemente stabilita, per realizzare progetti innovativi.
Nel mondo del cinema è una pratica sempre più diffusa. Negli Stati Uniti in particolare, sono ormai tantissimi i giovani registi che si affidano a questo tipo di finanziamento. Sia perché questo permette loro di avere una maggiore libertà decisionale, sia perché permette al film di farsi conoscere, prima ancora della sua realizzazione.

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Comunicazione di genere, la TV tra le pagine di un libro

“La comunicazione di genere. Prospettive teoriche e buone pratiche” (Carocci editore) scritto da Saveria Capecchi, Professoressa di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna, è un testo molto interessante da poco uscito.

Il Centro delle Donne “Orlando” di Bologna ha ospitato il 25 ottobre 2018 la presentazione del libro.
Al dialogo, hanno partecipato, Leda Guidi, co-founder della Rete Civica Iperbole di Bologna, docente della nostra LM, membro del Consiglio delle responsabili dell’Associazione Orlando, e dell’Associazione “Villes Internet”, esperta di ICT, comunità intelligenti, diritti digitali e Linda Serra, fondatrice di Girl Geek Dinners Bologna e presidente di Work Wide Women.

Come riporta la piattaforma della Comunicazione Pubblica e d’Impresa di Bologna, la guida è rivolta alle studentesse e agli studenti, giornaliste e giornalisti, operatrici ed operatori dei settori dell’informazione e della comunicazione per sensibilizzare ad adottare una prospettiva inclusiva e valorizzare la soggettività femminile.

Bisogna ampliare lo sguardo, amplificare l’empowerment femminile, le voci e i ruoli delle donne, migliorare efficacia e qualità della comunicazione pubblica, dotarsi di maggiore sensibilità, per una comunicazione più mirata e adeguata. Valorizzare le donne è un vantaggio culturale, sociale, politico. Significa rappresentare la cittadinanza, rendere la società più democratica, pluralistica, inclusiva e favorire l’occupazione femminile come vantaggio di crescita del prodotto interno lordo.

Sulla Rivista “Il Paese delle donne online”, è stato pubblicato un bellissimo articolo di Marina Pivetta, che sin dalle prime righe afferma: “Ho finito di leggere l’ultimo lavoro di Saveria Capecchi ‘La comunicazione di genere. Prospettive teoriche e buone pratiche’ ieri, lo stesso giorno in cui è andata in onda la TV Delle Ragazze di Serena  Dandini su Rai 3.  Una coincidenza che però mi ha dato modo di riflettere su quante cose siano cambiate in meglio da quegli anni Settanta o meglio da quando il secondo femminismo ha cominciato a fare i suoi primi passi. Satira e ironia fanno ormai parte di un patrimonio culturale che molte autrici e attrici maneggiano con destrezza. Si può scherzare su tutto, soprattutto su se stesse perché il senso di sé diventa baricentro di una forte identità di genere. Così l’io e il noi si intrecciano, danzano, interagiscono senza confondersi. È come se i femminismi avessero fatto evaporare ogni gabbia ideologica, sprigionando nuove libertà, nuove idee, nuovi modi di partecipare…Lo spettacolo di Dandini, è FARE cultura. E, la materialità del fare sta nella mimica, nella didascalia, nella graffiante sinteticità di chi interpreta nuovi modi di essere donna”.

E prosegue: “Il libro della Capecchi è prezioso proprio perché permette di mettere ordine. Di capire dove collocare l’emancipazionismo, l’egualitarismo, il pensiero della differenza, la cultura di genere, le pari opportunità, il post femminismo, l’empowerment, il determinismo  biologico, il sesso, il genere, la teoria del gender…”.

Gender gap: donne svantaggiate nel grande e piccolo schermo

Con gender gap s’intende la disparità di trattamento che subisce una categoria di individui in base al suo genere di appartenenza. Si tratta di un fenomeno globale che ancora oggi preoccupa la società. Storicamente sono le donne ad aver subito più discriminazioni in tutti gli ambiti della vita, sia pubblica che privata: dall’istruzione al lavoro, dalla politica alla salute.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema, dal 2006 il World Economic Forum calcola il livello di gender gap in 135 paesi. I risultati dell’indagine vengono pubblicati in un resoconto a cadenza annuale: il Global Gender Gap Report.

I dati mostrano che c’è ancora molta strada da fare per raggiungere la parità effettiva dei sessi. Anche nel mondo occidentale le donne fanno ancora fatica a farsi strada in ambienti dominati dagli uomini.

Perfino nel cinema, uno dei settori più creativi e innovativi della cosiddetta “industria culturale”, le donne sono ancora una minoranza. Per raggiungere il successo devono superare molti più ostacoli degli uomini.

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Secondo Piano Scala B inizia le selezioni per il casting!

Con quale criterio si sceglie un attore per un film?

Come si svolgono i provini  per un film o per una serie? In questo articolo vogliamo conoscere meglio il lavoro del Casting Director e cosa vuol dire affrontare un provino.

Il Casting Director è la persona che si occupa di mettere in contatto, attraverso i loro agenti, gli attori con i registi. Lavora assieme al regista al fine di mettere insieme il migliore cast possibile.

Il regista fornisce al casting Director una sinossi sui personaggi, una descrizione breve di ognuno di loro, di come li immagina, delle loro particolarità e delle caratteristiche che li contraddistinguono. Insieme iniziano quindi a formulare delle ipotesi su quali attori potrebbero corrispondere ai personaggi. Una volta identificati i migliori interpreti per ognuno dei ruoli, il Casting Director contatta le agenzie, prende accordi con gli agenti ed organizza i provini.

Solitamente il primo appuntamento serve per far incontrare l’interprete con il regista e con il produttore; per permettere loro di discutere con l’attore delle specifiche del personaggio e delle fasi produttive. L’attore ha già un’idea della parte che gli viene offerta, ha già valutato la proposta con il suo agente e quando incontra il regista, è pronto ad affrontare il provino che, quasi sempre, è “su parte”. Cosa vuol dire? L’attore viene inquadrato da una macchina da presa mentre interpreta qualche scena relativa al ruolo per cui è stato chiamato.

Sulla base delle necessità del film o della serie, il regista sceglie gli interpeti più adatti al suo progetto che vengono poi contattati dalla produzione per stabilire il contratto.

Un in bocca al lupo a tutti gli attori selezionati per i provini di Secondo Piano Scala B!!